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Oggetto del presente studio è valutare
la possibilità di allestire, nell’attuale Palazzo Mostre
e Congressi della città di Alba, l’opera del pittore
albese Pinot Gallizio, in forma di esposizione permanente e in attesa
della sistemazione definitiva del museo che sarà realizzato
in altro luogo.
In particolare, dovrebbe valutarsi la fattibilità di ospitare
ed esporre al pubblico le opere che fanno parte della collezione
detta “la gibigiana” che consiste in 8 tele dipinte
nel 1960. Le dimensioni delle stesse variano da 165/167 x 127/133
a 165/167 x 337/332 e illustrano una vicenda amorosa autobiografica
dell’artista, che lui stesso definisce “…la triste
e lacrimosa istoria del re di Pipe in cinque quadri e due tele.”
Il forte senso ironico delle opere ispirò i versi dello scrittore
Maurizio Corgnati che li pubblicò nel novembre dello stesso
anno.
Farmacista, erborista negli anni Quaranta, esperto di teatro, cultura
popolare, archeologia, antropologia, Pinot Gallizio è stato
un esponente di primo piano delle avanguardie artistiche tra gli
anni '50 e '60. Tutti i suoi lavori sono ora raccolti nel “Catalogo
generale delle opere” realizzato dalla Fondazione Ferrero
e pubblicato da Mazzotta. Si tratta di 1078 titoli tra dipinti,
carte, monotipi, disegni e opere collettive: l'intero corpus è
proposto in un volume di 526 pagine.
Dopo l'esperienza partigiana durante la seconda guerra mondiale,
Gallizio inizia l'attività politica che lo vedrà consigliere
comunale di Alba fino al 1960. La svolta artistica di Gallizio si
deve all'incontro, nel 1952, con l'artista torinese Piero Simondo
con il quale fonderà nel 1955, insieme al danese Asger Jorn,
il “Laboratorio Sperimentale del Movimento per una Bauhaus
Immaginista”.
Grazie a questa sede di sperimentazione artistica, dibattito e centro
di battaglie culturali e politiche, Alba diverrà dalla metà
degli anni Cinquanta sede di incontro per artisti ed intellettuali
provenienti da tutta Europa: a partire dai membri del MIBI, Gil
Wolam, l'artista e architetto olandese Constant, Ettore Sottsass
jr. ed Enrico Baj, i cecoslovacchi Rada e Kotik, fino ai teorici
francesi Guy Debord e Michele Bernstein, all'artista inglese Ralph
Rumney, con i quali Gallizio fonderà nel 1957 l'Internazionale
Situazionista. Gallizio sperimentò, all'interno di questo
gruppo, la pittura industriale: tele lunghe anche 74 metri, destinate
ad essere vendute al metro, opere che volevano affermare un superamento
del dogma dell'unicità dell'opera e dell'originalità
irripetibile del gesto artistico. Con l'uscita dal movimento situazionista,
nel corso del 1960, Gallizio indirizza la sua ricerca pittorica
in direzione del valore del segno che connota in chiave narrativa
i grandi cicli pittorici “La Gibigiana” e “La
storia di Ipotenusa” (1960-'61).
La decisione di creare una struttura adatta a ricevere le opere
di questo artista vuole essere testimonianza della città
ad un illustre cittadino, la cui opera è riconosciuta come
centrale nel panorama dell’informale pittorico italiano ed
internazionale. Renato Barilli, nell’ambito della distinzione
di McLuhan 1 tra media caldi e freddi, lo colloca nella possibile
conciliazione tra l’individualità “calda”
del gesto artistico irripetibile e la serialità “fredda”
del supporto meccanico, tipica dei prodotti industriali: “Una
posizione singolare e di grande interesse è invece quella
del piemontese Pinot Gallizio, dato che si indirizza, per espressa
e lucida dichiarazione di poetica, verso il fine di conciliare la
qualità e la quantità, l'atto gratificante e liberatorio
inteso a svolgere la propria personalità, e nello stesso
tempo la possibilità di consentirlo a tutti, di metterlo
a portata delle masse. Attorno al 1957 infatti Pinot Gallizio, dal
cuore del suo “Laboratorio sperimentale” impiantato
ad Alba, lancia il programma della “pittura industriale”.
In pratica si tratta di lunghi rotoli di tela (estesi per decine
di metri) che vengono aggrediti localmente dall'artista coi soliti
mezzi del repertorio informale: impronte, colate, spessori materici,
tracciati gli uni e le altre con abbandono all'automatismo e all'improvvisazione;
dunque, la tipica “qualità” dell'autografia esistenziale,
l'atto geloso e goloso con cui l'individuo si autorealizza. Solo
che questi interventi locali sono ripetuti, quasi che la tela divenisse
il nastro della catena di montaggio di una lavorazione industriale;
si perde così l'unicità dell'intervento pittorico,
e con essa la sacra “aura” del quadro, conseguendo anche
la caduta del valore commerciale che rende il quadro stesso irraggiungibile
ai più. Pinot Gallizio infatti propone di vendere la “pittura
industriale” a metri, a scampoli, secondo le esigenze e le
possibilità economiche dei compratori (oppure, al limite,
viene meno l'atto di compravendita, dato che esce radicalmente sconfitta
la “rarità” del prodotto). D'altra parte, il
carattere industriale attribuito a una simile modalità produttiva
è appena un atto di buona volontà, una pia illusione,
piuttosto che un risultato effettivo. In altre parole, Pinot Gallizio
dimostra una bella sicurezza teorica nel respingere la lavorazione
industriale affidata alla macchina (“macchina, infernale regina
del tutto-eguale”), e ciò facendo si presenta come
un tipico artista informale caldo; inoltre avverte con molta chiarezza
che non basta opporre ad essa atti individuali ed aristocratici,
ma che bisogna aprire questi ultimi alle masse, renderli democratici,
partecipabili, e in ciò è già in lui una valida
intuizione dei valori" freddi". Tuttavia non gli vengono
in aiuto gli opportuni mezzi tecnologici per rendere materialmente
realizzabile il “caos, la gioia infinita del sempre-nuovo”;
c'è appena un appello alla “grande era delle resine”,
cioè ai nuovi prodotti della chimica sintetica (il polistirolo
e il poliuretano, destinati a furoreggiare di lì a poco),
senza che tuttavia egli giunga a usarli in modo tangibile. In sostanza,
egli si limita a reiterare i soliti interventi di carattere artistico-artigianale,
individuale e romantico. Nel suo lavoro qualità e quantità
si scontrano, piuttosto che superarsi in una unità più
armonica; la seconda interviene più che altro in via negativa,
a inflazionare, e quindi a contestare, quasi a irridere la prima.
(Renato Barilli - Al di là della pittura - 1981- Fratelli
Fabbri Editori)
L’allestimento del museo Gallizio rende pertanto necessario
l’adeguamento strutturale dell’attuale Palazzetto delle
Mostre e dei Congressi della città di Alba, in relazione
alla sicurezza delle persone, a quella delle opere, alle barriere
architettoniche e ai modelli espositivi
contemporanei.
In particolare, quest’ultimo aspetto che riguarda l’efficacia
e l’efficienza nel tempo delle strutture destinate all’arte
e allo spettacolo, ha suggerito una serie di interventi integrativi
rispetto alla richiesta di un semplice allestimento museale.
Infatti, è dato oramai acquisito che gli edifici destinati
all’esposizione di opere d’arte stiano attraversando
un momento di consenso e popolarità. La caratteristica che
distingue e attrae favorevolmente i visitatori concerne il modo
di porsi all’attenzione degli ospiti. Infatti, a fronte di
una concezione soltanto contemplativa, che in passato definiva e
ispirava tutti gli spazi espositivi delle arti figurative, oggi
si ha tendenza a favorire la commistione tra le opere d’arte
e la vita sociale delle persone, sotto tutti gli aspetti, senza
separazione tra vita reale e astrazione meditativa.
Oltretutto, il carattere performativo dell’arte figurativa
contemporanea richiede la partecipazione del visitatore che diviene
parte interagente con l’opera esposta. Conviene pertanto richiamare
il maggior numero di persone perché, al di là delle
loro capacità e competenze comunicative, queste potranno
sicuramente giovare di un’esperienza estetica rilevante e
dell’indubbio arricchimento culturale che ne conseguirà.
In quest’ottica, gli attuali spazi del centro mostre e congressi
potrebbero essere riorganizzati predisponendo una serie di attività
collaterali idonee ad attrarre un pubblico spesso poco attento alle
manifestazioni dell’arte contemporanea.
In particolare, le attività collaterali potranno prevedere:
- l’inserimento di un bar al piano terreno, ampliabile mediante
la creazione di una terrazza raggiungibile
da una scala mobile;
- un bookshop per la diffusione e la vendita di cataloghi, libri
e gadgets vari;
- uno spazio per mostre ed esposizioni estemporanee, reso versatile
dall’apertura delle attuali
stanze;
- un’area per uffici aperta al pubblico, per la gestione della
struttura e delle attività connesse;
- l’ampliamento dell’attuale sala conferenze, fino al
raggiungimento di una capienza di 350 posti (ampliabile fino a 400
posti) con annessa zona per il ristoro.
Queste nuove destinazioni rendono indispensabile una ridistribuzione
dei percorsi, sia orizzontali che verticali, realizzabile mediante
l’inserimento di 4 rampe di scale mobili, con lo scopo di
migliorare e indurre la massima fruibilità e percorrenza
dell’intera struttura. |
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